La startup americana Aircela ha presentato il primo sistema compatto per la produzione localizzata di benzina sintetica prodotta utilizzando acqua e assorbendo anidride carbonica dall’aria. Costi e rendimenti energetici sono però tutti da discutere

Dal tetto di un edificio nel mezzo di Manhattan, a New York, i manager della startup Aircela hanno presentato ufficialmente al Mondo il primo sistema compatto di produzione di benzina sintetica. La comunicazione però non deve essere stata del tutto esaustiva se i più popolari portali web di comunicazione hanno gridato al miracolo parlando di un sistema in grado di trasformare l’aria in benzina. In realtà l’impianto presentato da Aircela rappresenta l’ennesimo esempio di come l’entusiasmo per le tecnologie verdi possa talvolta offuscare la razionalità ingegneristica. Vero in effetti che il sistema utilizza quasi esclusivamente aria e acqua quali elementi base per ottenere benzina “green”, ma come insegna la fisica l’energia purtroppo non si crea dal nulla e qualsiasi trasformazione comporta perdite che abbassano il rendimento energetico finale. Un problema che nel caso specifico è superato facendo ricorso alla rete elettrica per produrre dapprima idrogeno e poi benzina, nella quantità di un gallone al giorno.

Poco meno di quattro litri. Proposto in dimensioni che ricordano quelle di un frigorifero, il sistema promette anche di rimuovere fino a dieci chili di anidride carbonica dall’aria, ma con un apporto energetico necessario per i processi di elettrolisi e sintetizzazione che ne abbattono il rapporto prezzo/prestazioni se l’energia elettrica non proviene da fonti rinnovabili. Non a caso la stessa tecnologia è anche alla base di sistemi sviluppati da realtà industriali di primissimo livello, Porsche, Siemens e Prometheus Fuels solo per fare qualche esempio, ma senza successo alla luce del fatto che per ogni litro di e-fuel prodotto si consumano fino a 50 chilowattora di energia elettrica. Ne deriva che la sintetizzazione di circa quattro litri di benzina richiederebbe fino a 160 chilowattora di energia al giorno, flusso che per essere “gratuito” dotrebbe essere generato da circa 135 pannelli solari da 300 watt l’uno installati in un’area geografica atta a garantire almeno otto ore di sole al giorno. In tali condizioni ogni pannello sarebbe in grado di generare mediamente un chilowattora e mezzo circa di energia elettrica al giorno, obiettivo che però è davvero difficile da raggiungere se si considera che la maggior parte delle aree urbane italiane non propone gli irraggiamenti di cui sopra.

Le perplessità nei confronti del sistema americano aumentano poi se si considera che una vettura elettrica con 50 chilowattora di energia immagazzinata nelle batterie può percorrere anche 300 chilometri, mentre con un litro di benzina e-fuel la stessa auto se equipaggiata con un motore termico arriverebbe a stento a coprire una distanza di venti chilometri. Chiaro quindi che il rendimento globale del sistema è davvero infimo, molto inferiore a qualsiasi sistema elettrico che utilizzi direttamente l’energia utilizzata per far funzionare la macchina ma anche inferiore al rendimento globale che si otterrebbe alimentando con l’idrogeno prodotto dal sistema stessa un motore a combustione interna. Il sistema Aircela si basa in effetti su un processo il cui primo passaggio consiste nella cattura dell’anidride carbonica atmosferica tramite un solvente alcalino, tipicamente una soluzione di idrossido di potassio, che intrappola il gas trasformandolo in carbonati disciolti. Parallelamente, attraverso un processo di elettrolisi, l’acqua viene divisa in idrogeno e ossigeno, col primo elemento che risulta fondamentale per la fase successiva. L’anidride carbonica catturata viene infatti combinata con l’idrogeno in un reattore chimico che, mediante idrogenazione, produce metanolo.

Questa sostanza è un intermedio chimico chiave, perché può essere convertita in una miscela di idrocarburi liquidi compatibili con i motori endotermici tradizionali tramite un processo catalitico noto come “methanol-to-gasoline”, in sigla “mtg”. Il risultato è una benzina sintetica priva di zolfo e impurità, con un numero di ottano simile a quello della benzina convenzionale. Ne deriva che l’impianto rappresenta davvero un approccio innovativo teso alla produzione di combustibili verdi mediante tecniche di cattura dell’anidride carbonica, ma come tutte le tecnologie emergenti presenta sfide importanti da superare in termini di efficienza energetica, di scala produttiva e, soprattutto, di costi, il vero tallone d’Achille di un progetto che, secondo Aircela, dovrebbe dar luogo a impianti offerti a circa cinque mila dollari l’uno nel momento in cui venissero costruiti sui scala industriale a fronte di un prezzo attuale che si attesa attorno ai ventimila dollari.

Anche ammettendo che si possa raggiungere il target di prezzo finale previsto, è facile intuire come questi ben difficilmente possa essere ammortizzato né il costo al litro della benzina sarebbe mai competitivo con la benzina di derivazione fossile a meno di non disporre della già citata energia elettrica gratuita. Che però a quel punto sarebbe più conveniente immettere direttamente negli accumulatori delle auto. La tecnologia Aircela rimane in definitiva una bella dichiarazione di intenti avanzata dalla startup che l’ha sviluppata, l’unica realtà che per il momento può affermare di aver avuto ritorni positivi dal progetto. Questi si è in effetti avvalso di un finanziamento di oltre cinque milioni di dollari sostenuto da Maersk Growth, la divisione di venture capital del gigante danese A.P. Moller-Maersk, per sondare la possibilità di decarbonizzare i trasporti marittimi utilizzando i carburanti sintetici per alimentare le navi.
Titolo: Benzina sintetica Aircela tra favole e realtà
Autore: Redazione